[img:naples_img_5249.jpg|left|400px|Tauroctony in context].
A Mithraeum in two rooms was discovered in 1943 under the ruins of the church of Carminiello ai Mannesi, a few streets from the Duomo or Cathedral of Naples. A 1st century bath complex stood on the site, two rooms of which were converted into a Mithraeum in the 2nd century AD. The whole complex went out of use at the end of the 4th century, and the site was used as landfill.
Not far from the Duomo (Naples Cathedral) on Vico Carminiello there is the Carminiello ai Mannesi Archaeological Complex, an archaeological site that dates to the 1st century BC. The oldest known remains on the site are from a domus, the house of an unknown person. At the beginning of the 1st century AD, a thermal complex was built on top of this structure. The two level complex is in opus reticulatum (reticulated brick work) and laterizio (Roman brick work). The lower level presumably housed the complex’s services (cistern, storage, etc.) while the upper level housed the thermal rooms themselves. During the 2nd century AD, two rooms on the lower floor were transformed into a Mithraeum following the spread of the Persian cult of Mithras. The complex was abandoned in the early 5th century after an apparent earthquake and the structure began a long period of decay.
In the 17th century, the Church of Carmine ai Mannesi was built on the site of the thermal complex. A bomb that destroyed the church in 1943 brought to light the buildings below, but unfortunately these buildings were completely abandoned for many years. In 1973 the area was cleaned up, fenced in and excavations were undertaken that revealed the importance of the complex. During the 1980s however, the area became an illegal parking lot and was also used as the stable of an underworld family. It was only in 1993 that the Magistrate seized the area and evacuated it.
The remains of the complex include several rooms that functioned as the thermal plant and a large rectangular room with a mosaic floor and frescoed walls belonging to a building that predated the thermal complex, presumably the domus. There are also the two rooms which are presumed to have been used as the Mithraeum, based on the presence of a white stucco relief that would have originally been painted, and that represents the god Mithras in the act of sacrificing a bull. On the top floor are the remains of two baths, the first with a central fountain and steps which would have been covered in marble (re-used as an infant burial in the Middle Ages) and the second faced in opus signinum.
Translated from “Complesso Archeologico di Carminiello ai Mannesi”, courtesy of Gruppo Archeologico Napoletano.
L'area archeologica di Carminiello ai Mannesi è situata all'interno del centro antico di Napoli, occupando parte di due insulae della città greco-romana di Neapolis. Fondata intorno al 470 a.C., Neapolis (dal greco "nea polis" = città nuova, per distinguerla dal preesistente insediamento di Partenope, ubicato sul Monte Echia) aveva una struttura urbanistica con strade perpendicolari fra loro. In particolare tre grandi vie rettilinee, dette plateie, correvano in senso est-ovest ricalcando le attuali direttrici di:
-via Pisanelli, via Anticaglia, via SS. Apostoli (plateia superiore);
-via S. Pietro a Maiella, via Tribunali (plateia mediana);
-via B. Croce, v. S. Biagio dei Librai, via Vicaria Vecchia, via Forcella (plateia inferiore).
Tali strade erano intersecate perpendicolarmente da stenopoi in senso nord-sud, ancora oggi riconoscibili in strade quali: via Atri, vico Giganti, via Duomo, vico Zuroli, ecc. Grazie al perfetto incrocio tra plateie e stenopoi, si formavano le insulae, isolati rettangolari dalle dimensioni standard di m. 180 x 35.
Le insulae di Carminiello ai Mannesi erano delimitate dalle plateie mediana (altezza Via Tribunali) ed inferiore (altezza Via Vicaria Vecchia) e da due stenopoi (Via Duomo e Vico Zuroli) ed erano suddivise da un ulteriore stenopos, oggi non più esistente. L'area scavata e visibile attualmente è soltanto una parte del complesso che si estendeva per circa 700 mq.
L'area di Carminiello ai Mannesi, fin dalla fondazione, venne inquadrata secondo lo schema tipico di costruzione con una serie di terrazzamenti discendenti verso il mare. La riprova di ciò viene dal rinvenimento di strutture in blocchi di tufo lungo il perimetro del complesso. L'unica traccia della frequentazione più antica è data dal rinvenimento, avvenuto negli anni '60, dei resti di un tempietto risalente al V sec. a.C. e poi rifatto nella prima età imperiale. La maggiore frequentazione dell'area avvenne in età repubblicana con l'insediamento di una serie di domus. Diversi interventi di riqualificazione urbana si ebbero successivamente nel corso dell'età imperiale ed in particolare a seguito dei gravi danni arrecati dal terremoto del 62 d.C. e dall'eruzione vesuviana del 79 d.C. A Carminiello ai Mannesi, le preesistenti domus vennero obliterate da un'imponente costruzione a due livelli con annesso impianto termale. Tale edificio non subirà più modifiche strutturali fino all'abbandono avvenuto intorno al V sec. d.C., se si eccettua l'inserimento di un luogo di culto dedicato al dio Mitra. A partire dal V secolo l'area venne trasformata in un immondezzaio mentre gli edifici vennero spoliati da materiali per reimpiego. Lo stenopos fra le due insulae in questione venne completamente colmato. Intorno all'VIII secolo, parte degli ambienti dell'area vennero riutilizzati, sebbene non si conosca la destinazione d'uso. Una prima chiesetta venne impiantata nella zona nel corso dell'alto medioevo e nel corso del cinquecento la stessa venne inglobata nella Chiesa di Santa Maria del Carmine ai Mannesi, poi rinomata del Carminiello per le sue ridotte dimensioni. Quanto al toponimo "Mannesi", esso si riferisce a tutta quest'area nella quale vi lavoravano costruttori e riparatori di carri. Nel 1943 l'area venne bombardata e la chiesa, insieme agli edifici circostanti, vennero distrutti mettendo in luce i resti dell'area archeologica. Una prima indagine archeologica venne condotta negli anni '60. Successivamente l'area venne trasformata in parcheggio abusivo e deposito di materiale malavitoso. Uno scavo sistematico venne effettuato negli anni 1983-84 (di recente pubblicazione), ma bisogna aspettare soltanto il 1993 perché l'area, sottoposta a sequestro giudiziario, sia finalmente restituita alla fruizione dei visitatori.
L'area archeologica di Carminiello ai Mannesi può essere suddivisa in quattro parti principali:
ambienti adibiti a magazzini nel livello seminterrato;
ambienti residenziali al livello superiore;
il complesso termale su due livelli;
il mitreo, ambiente destinato al culto del dio Mitra.
Al momento non è chiara la destinazione d'uso degli altri ambienti, sebbene la maggior parte di essi appartengano ad un'unica fase costruttiva databile al I secolo d.C. La maggior parte degli ambienti sovrastanti venne riutilizzata dalla chiesa cinquecentesca che, inoltre, adattò a cripta uno degli ambienti sotterranei.
Il livello inferiore
La visita al complesso può iniziare dal lato occidentale (facciata che dà verso Via Duomo). Il lungo muro costituiva la facciata dell'edificio lungo lo stenopos che divideva le due insulae di Carminiello ai Mannesi. E' costruito in calcestruzzo con una cortina di tufelli, reticolato e laterizi ed è tagliato da una serie di aperture ubicate nella parte alta degli ambienti sottostanti. Le aperture vennero allargate in periodo tardo. Un saggio di scavo condotto dinanzi a tale muro ha evidenziato la presenza di pilastrini che forse servivano da sostegno ad un balcone ubicato al primo piano. Attraverso una scala si scende agli ambienti sottostanti. Il primo ambiente nel quale si giunge è costruito in opera mista (reticolato e laterizio) con la volta a botte che nel culmine presenta un'apertura rettangolare.
Di fronte è un ambiente stretto con volta a botte che presenta, sulla destra, un canale di scolo rettangolare in laterizio. Un basso muro divide l'ambiente in due sezioni, subito oltre il quale, a sinistra, è un altro canale di scolo. Sul muro in fondo è una fogna a cappuccina.
Si passa nell'ambiente adiacente, anch'esso con volta a botte, che presenta tracce di un'apertura nel muro di fondo che probabilmente formava un lucernario. Da tale ambiente si incominciano a notare tracce di uno spesso deposito di calce che copre anche le pareti degli ambienti contigui e che testimoniano l'uso di tale area come calcara (VI secolo d.C.).
Da questo ambiente si passa in un ambiente con volta a botte illuminato da lucernario verso lo stenopos. Affianco è un altro ambiente sempre con volta a botte, ma con diverso orientamento della stessa. Nel muro opposto allo stenopos vi era un'apertura ostruita nella metà del V secolo con ricorso a tufelli più stretti di quelli originari. Da qui si accede ad altre stanze che danno verso lo stenopos ed ad una stanza scavata soltanto per un angolo: quest'ultima è l'unica che mostra segni di decorazione parietale. A seguire, lungo lo stenopos, dovevano esserci altri tre ambienti non scavati, ma la cui forma è intuibile.
Usciti da questo primo complesso di ambienti, ci si porta verso l'ingresso al termine del muro lungo lo stenopos. L'andamento dell'edificio da questo lato confermerebbe che l'insula, al pari di quella sotto San Lorenzo Maggiore, è stata costruita su di un terrazzamento artificiale. Difatti, lo stenopos presenta un andamento discendente da nord verso sud, visto che i primi ambienti verso nord, sono praticamente interrati rispetto al livello dello stenopos stesso, mentre agli ultimi ambienti da questo lato si accede attraverso pochi gradini. Questo dimostra che l'edificio è stato costruito su di una superficie piana che, in un territorio in pendenza, poteva essere ricavata soltanto ricorrendo ad un terrazzamento artificiale.
Attraverso alcuni gradini si accede ad altri ambienti sotterranei. Sulla destra, all'altezza dei gradini, sono i resti di una scala che conduceva al piano superiore, poi eliminata in periodo successivo: ne restano tre scalini. Da qui attraverso un architrave formato da un arco rampante, si passa all'ambiente ubicato alle spalle di un abside, sempre con paramento in opera mista. Si tratta di un ambiente la cui forma è condizionata dalle due absidi retrostanti. Da questo passaggio si accede ad un ambiente a forma rettangolare attraverso un basso ed ampio arco a sesto leggermente ribassato. L'attuale piano di calpestio è più basso del livello originario. Anche la volta non è quella originaria (che invece era a croce), ma un rifacimento creato appositamente per sostenere il pavimento della chiesa soprastante.
Da questa stanza si passa all'ambiente successivo di cui non è chiara la destinazione d'uso. Il pavimento originario è posto ad un metro e mezzo al di sopra del livello degli altri ambienti di questo lato. Non vi è neanche traccia dell'ingresso originario che potrebbe essere stato obliterato dall'apertura scavata successivamente verso lo stenopos. La volta, come pure il rozzo pilastro in fondo alla parete opposta allo stenopos, appartengono alla chiesa cinquecentesca.
Usciti nuovamente nel passaggio retrostante l'abside, ci si porta verso la seconda abside, alle cui spalle si nota che il pavimento è coperto da tegole piatte con bordi, inclinate verso l'ingresso ad un altro ambiente dove doveva trovarsi una fogna. L'accesso a questo ambiente è attualmente ostruito in parte da una rozzo pilastro appartenente alla sovrastante chiesa. La volta a botte è quella originaria. L'ambiente fu costruito su un sottostante ambiente ad abside che probabilmente apparteneva ad una domus preesistente nell'area (ultima parte del I sec. a.C.). La parte inferiore della mura è tagliata direttamente nel tufo e per questo si pensa che si trattasse di un ambiente seminterrato, illuminato da lucernari. Questa ipotesi sarebbe confermata anche dal fatto che altre strutture di tale domus non sono state trovate, segno che si trovavano ad un livello più alto e che pertanto vennero distrutte per far posto alle costruzioni successive. L'ambiente presenta decorazioni parietali costituite da pannelli a fondo bianco e divisi da filari dipinti di rosso. La pavimentazione è a mosaico con tessere bianche e nere. Il foro nel pavimento fu realizzato nel dopoguerra per estrarre una bomba. Sulla parte destra della stanza, a livello del piano di calpestio attuale, è una fogna triangolare che conduce nell'ambiente adiacente.
Si torna all'ingresso e si accede alla prima stanza con abside, originariamente costruita in opera mista con volta a crociera centrale. Dopo la costruzione della chiesa, l'ambiente venne trasformato in ipogeo con conseguente sconvolgimento dello stesso. Gli altri ambienti antistanti sono in buona parte intelligibili: va notato, nell'angolo dell'ambiente contiguo a quello con abside, un canale di scolo rettangolare costruito con lati di mattoni.
Si scende verso un altro ambiente con abside da cui, attraverso un'apertura la cui soglia è lastricata con larghe tegole, si accede all'area di un mitreo. Si tratta di un luogo di culto dedicato a Mitra, una divinità di origine indoeuropea che tra il II ed il III sec. d.C. venne importata dalla Persia nei territori dell'impero Romano. Ebbe grande diffusione soprattutto fra i militari anche perché i gradi di iniziazione al suo culto corrispondevano in larga misura ai gradini della scala gerarchica dell'esercito stesso e l'avanzamento nei vari gradi di iniziazione andava di pari passo con la carriera militare. In ambito urbano i mitrei erano localizzati per lo più in ambienti sotterranei, provvisti in genere di anticamera. Il soffitto era generalmente a volta ad imitazione della roccia naturale. Ai lati dell'ambiente si trovavano appositi banchi dove gli iniziati potevano assistere alle cerimonie.
Il primo ambiente che si incontra presentava una volta a crociera che continuava come volta a botte, solo in parte conservata. Non appena si entra, sulla sinistra, sono tre canali: quello più in alto è formato di tubuli in terracotta; quello centrale è costruito con pareti di laterizio e copertura a cappuccina; in basso, infine, è una fogna triangolare, probabilmente successiva. In fondo a questo ambiente, separato da un basso muro, si estende l'ambiente successivo che ospitava il vero e proprio mitreo. Coperto da volta a crociera centrale fiancheggiato da due grandi nicchie, coperte da volta a sesto ribassato e divise dalla parte centrale da un basso muro.
L'adattamento a mitreo di tale area risale presumibilmente alla metà del II secolo d.C. Trattandosi di ambienti di servizio, si è ipotizzato che la trasformazione fu voluta da schiavi o veterani che frequentavano l'insula, anche se ciò contrasta con la consistenza dei lavori di riattamento degli ambienti. Sulla parete di fondo resta ben poco del grande bassorilievo in stucco delle dimensioni di m. 2,10 x 2,62. Il deterioramento è in buona parte dovuto a cause naturali considerata la scarsa qualità dei materiali impiegati. In genere l'immagine di culto mostrava il dio con il caratteristico berretto frigio che dimostrava l'origine orientale, nell'atto di tagliare la gola ad un toro sacrificale circondato da altri animali: un cane ed un serpente che si avvicinavano al sangue della vittima ed uno scorpione che afferrava i testicoli del toro. In questo caso della scena originale resta il lato destro di Mitra con il mantello ed il piede destro, nonché una zampa anteriore e le zampe posteriori del toro con la tipica coda a tre spighe. Sotto il ventre dell'animale si intravede il caratteristico scorpione e più a destra alcune volute del serpente. In alto a sinistra si intravede un semicapitello con un corvo ed il busto semidipinto di Sol. La scena era in parte dipinta e doveva essere circondata da rocce che costituivano lo spaeleum. Mancano tracce di altari o di supporti statuari sebbene si pensa che, al centro della sala, dovesse trovare posto un simulacro del dio fanciullo, mentre negli angoli della parete di fondo dovessero essere presenti le statue dei due geni Cautes (con la fiaccola verso l'alto) e Cautopates (con la fiaccola verso il basso).
Ritornati nell'ambiente precedente, sulla destra dell'ingresso, attraverso un varco con stipiti di laterizio, si accede ad un altro ambiente. In esso sono da notare altre fogne con copertura a cappuccina e con tegole. Degli ambienti successivi non rimangono che tracce.
Il livello superiore
Attraverso una scala è possibile accedere al livello superiore i cui ambienti sono purtroppo meno conservati in quanto, in buona parte, inglobati in costruzioni successivi.
Una serie di ambienti era ubicata lungo lo stenopos, ma la loro originaria dislocazione non è chiara. La maggior parte dei muri è stata inglobata nella chiesa con successive alterazioni, ma ancora si riesce a riconoscere le strutture originarie in opera mista. L'ambiente più interessante è quello che ospitava un cortile con vasca centrale e sedili alle pareti. L'ingresso in origine avveniva attraverso un passaggio dal piccolo corridoio adiacente, successivamente tamponata. Anche una finestra esistente sul muro opposto venne successivamente obliterata. Il cortile mostra due fasi decorative. La prima fase presenta il pavimento con lastre di marmo bianco-grigio con leggere venature grigie, in parte visibili negli angoli nord-est e sud-est. I muri erano rivestiti in parte di marmo e, nella parte superiore, di intonaco dipinto o stucco di cui permangono tracce. Al centro del cortile, la vasca presentava una fontana formata da una blocco rivestito di marmo con due scalini. Tracce della fistula in bronzo che portava l'acqua è al centro della fontana. L'acqua finiva poi in una fogna che immetteva nell'impianto fognario ubicato nel corridoio adiacente. In una seconda fase successiva, il pavimento venne rifatto con l'inserimento di pezzi di marmo differenti da quello originario e la fontana venne rimpicciolita. Sembra che anche il rivestimento dei muri fu parzialmente eliminato. Intorno al XIII secolo, la vasca venne riutilizzata per la sepoltura di un gruppo di sette bambini di età compresa fra i quattro mesi ed i quattro anni e mezzo.
Si passa all'ambiente adiacente che, in epoche successive alla sua creazione, venne trasformato in cisterna come si nota da vari particolari come la fistula in bronzo inserita nel muro adiacente il cortile con vasca. Degli altri ambienti posti a questo livello sopravvive ben poco.
Bibliography
There are the following guides to the Complesso Archeologico di Carminiello ai Mannesi (via Wikipedia):
Paul Arthur e Giuseppe Vecchio, "Il complesso di vico Carminiello ai Mannesi", in AA.VV. "Napoli antica" (catalogo della mostra), Napoli 1985, pp.213-225.
Paul Arthur (a cura di), "Il Complesso Archeologico di Carminiello ai Mannesi", Napoli (Scavi 1983-1984), Università di Lecce, Congedo Editore 1994.